Buongiorno, mi presento: sono un PR, posso entrare?

C’erano i bar, le cene, gli eventi e poi bastava dire: “Buongiorno, sono tizio dell’ufficio stampa di Caio” e dall’altra parte, il giornalista, pur non conoscendoti, sapeva esattamente cosa rappresentavi, che ruolo svolgevi, che eri un professionista come lui, e la relazione professionale si sviluppava tranquillamente.

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Con l’avvento del Web questo equilibrio è completamente saltato. Un non ha più (solo) i giornalisti come interlocutori ma blogger, webmaster, influencers, finanche tutti gli utenti o i membri di una o più communities.

Digital public relationsIl problema nasce dal fatto che se, per i giornalisti, i comunicatori erano attori dello stesso palcoscenico professionale e il loro ruolo era (ed è) considerato e percepito organico e necessario al sistema della comunicazione / informazione per tutti gli altri questo è ben lontano dall’essere vero. Così, il PR, l’addetto stampa, ammesso che si sappia quale sia il suo mestiere, bene che va, deve spiegare cosa fa quando non viene percepito come un prezzolato dell’azienda, una sorta di fastidioso “venditore porta a porta di spazzole”.

In buona sostanza il PR non è una figura professionalmente necessaria nel mondo del Web, cosa logica, visto che il Web stesso non è certo uno scenario professionale ma un ecosistema sociale. Ma, d’altra parte, il PR è necessario anzi fondamentale per le aziende, ancor più quando si ha a che fare proprio con la Rete e i suoi utenti: Come si risolve questa contraddizione?

Per la prima volta i PR devono imparare a entrare in contatto con il pubblico, devono imparare a costruire relazioni solide con persone che non li riconoscono e non ne riconoscono il ruolo professionale. Pubblico che gli uffici stampa non vedevano mai, rapportandosi solo ed esclusivamente con l’élite giornalistica. La chiave di tutto questo è il valore ovvero la capacità del PR online di “portare valore” in termini di contributi, conversazioni, contenuti, alla community alla quale si rivolge con un imperativo categorico: deve necessariamente “farsi accettare”, deve cioè, essere in grado di entrare a far parte della stessa community alla quale si rivolge.

Si tratta di un passaggio fondamentale la cui mancanza rende impossibile qualsiasi relazione o interazione con utenti e influencers della community. Come scrivevo nel precedente numero di questa rubrica, è il PR che deve andare “a casa degli altri”, riuscire a farsi aprire la porta e farsi ospitare.

Si tratta di una rivoluzione copernicana per chi fa PR, un cambio di paradigma che impone un approccio nuovo, basato sulla conoscenza della community, dei temi più discussi, delle sue simbologie e contesto storico, del linguaggio e, soprattutto, della capacità, da parte del PR, di trasformarsi in un elemento di valore per la community stessa.

D’altronde, chi di noi converserebbe con una persona che dice cose banali o non interessanti? E ancor peggio, chi di noi accetterebbe “consigli”, suggerimenti o, peggio, osservazioni da chi non reputiamo all’altezza? La nuova sfida dei PR digitali, quindi, è costruirsi una reputazione online, solida e ben percepita e solo tramite questa potranno veicolare quella della propria azienda.

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