Informatica e PA: il nocciolo della questione

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aspettando

Ulteriore allungamento dei tempi per il decreto Digitalia, e di nuovo ridde di ipotesi e analisi. Non è ben chiaro cosa ci si aspetti di nuovo da questo decreto e – soprattutto – quale sarà il contenuto innovativo – dal punto di vista dell’ingegneria della Pubblica Amministrazione – che consentirà a questo nuovo ente di conseguire quegli obiettivi già noti e mancati da tempo.

Quello che – secondo me – servirebbe per modernizzare, informatizzandolo, il nostro Stato è conferire a Digitalia i sequenti poteri:

  • dettare norme tecniche;
  • redigere un piano triennale per gli investimenti informatici;
  • promuovere progetti intersettoriali e di infrastruttura;
  • verificare periodicamente;
  • definire indirizzi e direttive per la formazione del personale;
  • fornire consulenza al Governo per progetti di legge;
  • curare, per le materie di sua competenza, i rapporti con l’Unione Europea;
  • proporre al Governo atti di indirizzo alle Regioni;
  • risolvere contrasti operativi;
  • eliminare duplicazioni e sovrapposizioni di realzzazioni informatiche.

I sistemi informatici dovranno dialogare a livello sovranazionale, europeo ed internazionale; saranno l’infrastruttura strategica per il mercato unico verso cui tende l’Agenda Digitale Europea, serve un’azione coordinata e uniforme per regole e standard tecnici, il rifarsi alla legislazione concorrente, il richiamare in questo ambito poteri e autonomie regionali non ha alcun senso, e se dovesse accadere bisognerebbe indagare sui fini di chi invoca questa interpretazione.

La questione sembra, a prima vista, ostica ma in realtà è semplice, provo a sintetizzarla anche per rendere accessibili quegli elementi di valutazione minimi che sono forse passati inosservati, celati dalla coltre di un linguaggio tecnico-giuridico decisamente fastidioso.

L’elenco dei poteri che ho appena elencato, e che ritengo necessari per Digitalia, altro non è che la sintesi dell’articolo 7 della norma istitutiva dell’AIPA (d.lgs. n°39 del 12 febbraio 1993), abrogato con la legge istitutiva di Digitalia del 2009, sulla base di un’interpretazione – a mio avviso miope e restrittiva – di una legge del 1992 (legge 23 ottobre 1992, n. 421), che però non aveva impedito di promulgare quell’articolo nel 1993, e della riforma costituzionale del 2001 che ha riscritto l’articolo 117 della nostra Costituzione.

Le tappe dell’evoluzione normativa per la digitalizzazione della Pubblica amministrazione sono state, fondamentalmente, tre:

  • 1993 – Istituzione dell’Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione AIPA;
  • 2003 – Cambio di denominazione dell’AIPA in Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione;
  • 2009 – nuovo cambio di nome, da CNIPA a Ente Nazionale per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione DigitPA.

Dal 2009 l’AIPA/CNIPA/DigitPA può solo coordinare, raccomandare ed emanare pareri obbligatori ma non vincolanti.

Si abbia il coraggio di assumere una decisione lineare e che almeno nessuno dica che è  l’Europa a chiederci di demandare alle istituzioni locali l’informatizzazione della PA, le indicazioni che arrivano da Bruxelles vanno nel senso diametralmente opposto.

Non basta cambiar nome alle cose per farle funzionare, ma si dia anche il giusto nome alle cose.