Ti mobilito e ci guadagno. Repubblica.it e l’uso commerciale dell’indignazione

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Delusione. Non riesco a definire meglio il mio sentimento dopo essere incappato in questa che definire caduta di stile è un eufemismo. I fatti. Vado su Repubblica.it e leggo della raccolta di firme a sostegno dell’immediata approvazione della legge anti corruzione.

Non credo molto a questi strumenti ma il tema mi colpisce profondamente, tocca il mio senso dell’etica pubblica e decido di inserire anche il mio nome fra le 130.000 persone che hanno già firmato. Clicco sul link e mi trovo di fronte un accorato appello del direttore Ezio Mauro, che urla di decenza, di “cintura di illegalità corruttiva che soffoca l’Italia” e chiama alle armi i cittadini sani e indignati, ergendosi, di fatto, a paladino dell’etica pubblica e di una svolta, etica, morale e culturale, da imprimere al nostro Paese.

Finisco di leggere, scorro, scopro i tre campi testuali di cui due già precompilati col mio nome (m’innervosisce sempre sapere che dall’altra parte sanno esattamente chi sono ma va bene così), vedo il tasto del widget che mi permette di loggarmi con le mie credenziali Facebook. Perché, mi chiedo, le mie credenziali FB? Attivo il widget e scopro che va a pescare direttamente la mia mail sul profilo FB. Vabbé, dico io, una facilitazione ma poi leggo sotto e sobbalzo sulla sedia.
Ai sensi degli articoli 13 e 23 del Codice Privacy, letta l’informativa, acconsento al successivo trattamento dei miei dati personali (compreso l’indirizzo e-mail) da parte di Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.A. e delle società controllate, per essere informato sulle iniziative editoriali della “Community di Repubblica”
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Presto il consenso (SI) Nego il consenso (NO)

No cioè, il Gruppo Espresso mi sta chiedendo di poter usare la mia mail per fini commerciali? In una raccolta di firme per un sì nobile scopo etico e civile? Certo, posso dire di no, che c’entra, sono libero ma chiunque mastichi appena un po’ di marketing sa che non tutti “leggono” e molti altri dicono sì un po’ superficialmente. Quindi se è vero che 130.000 persone hanno già firmato, vogliamo mettere che un 10%, per distrazione, per scelta, per qualsiasi motivo, abbia accettato, quanto fa? 13.000. Il marketing del Gruppo espresso si è messo in tasca 13.000 indirizzi mail in un batter d’occhio e gratis. Solo che da questi 13.000 indirizzi ci ricaverà del valore. DEM, azioni di marketing diretto.

Vogliamo pensare che di quelle 13.000 persone un 3% risponda alla sollecitazione commerciale?  Sono 3.900 persone. Vogliamo pensare che il valore, in termini economici diretti di quella sollecitazione commerciale sia €20? Il Gruppo espresso avrà guadagnato, dalla sua campagna di mobilitazione etica e morale la bellezza di €78.000. Il tutto senza spendere un euro di promozione ma, anzi, sfruttando l’interesse e l’indignazione dei propri lettori.

Io, lo trovo eticamente inaccettabile. Se si decide di porsi alla testa di una mobilitazione civile non si cerca di trarne un vantaggio commerciale, in nessun modo, neanche proponendo al lettore la scelta. Non si fa e basta.

La mia piccola campagna d’indignazione la condurrò personalmente, contattando i miei vecchi colleghi di Repubblica e chiedendo loro di togliere quell’opzione, per la credibilità di quello che dovrebbe essere il giornale campione del progressismo illuminato. Se qualcuno vorrà seguirmi ne sarò solo che contento.